Pseudonimo di
Michelangelo Merisi. Pittore italiano.
È l'artista che più di ogni altro contribuì a spezzare la
tradizione manierista del tardo Cinquecento, con una serie di innovazioni
rivoluzionarie che ebbero un effetto fondamentale sulla pittura del pieno
Seicento italiano ed europeo. Il carattere distintivo della sua arte fu
l'attenzione verso il vero, verso i soggetti più umili, con una
capacità di comprensione completamente scevra dalla retorica usuale nei
maestri che lo avevano preceduto. Figlio di Fermo Merisi, pittore di casa del
marchese di Caravaggio, iniziò gli studi e la pratica della pittura a
Milano, nella bottega di Simone da Peterzano. Qui subì, dapprima,
l'influenza della pittura lombarda, e particolarmente dei lavori di Figino e di
Moretto. In seguito, dopo una permanenza a Venezia, dove ebbe modo di ammirare
le pitture di Giorgione, si recò per la prima volta a Roma. Trascorso un
primo momento di difficoltà, durante il quale venne ospitato dal
Grammatica e quindi da monsignor Pandolfo Pucci, si guadagnò la
protezione del cardinale dal Monte. Sono di questo periodo i suoi primi lavori
di un certo rilievo:
Giovane che suona il liuto,
I bari.
Lavorò anche alla cappella Contarelli, in San Luigi dei Francesi, per la
quale dipinse il ciclo di
San Matteo. Questi dipinti sono di difficile
collocazione cronologica; la critica più recente tende, comunque, a
datarli verso il 1595-1600. È di questo periodo anche l'impostazione di
una serie di mezze figure che divennero ben presto famose e oggetto di numerose
imitazioni (alcuni, tuttavia, collocano parte di queste opere negli anni
precedenti la venuta di
C. a Roma); ricordiamo:
La zingara che dice la
ventura,
Il fanciullo morso da un ramarro e
I Giocatori di
carte. La caratteristica di fondo dei dipinti di questi anni, tra i quali
spicca il
Bacco degli Uffizi, è l'uso di un colore più
chiaro e maggiormente rifinito di quello dei suoi precedenti lavori. A partire
da questo momento, le dimensioni dei lavori dell'artista si fanno più
consistenti e più evidenti sono in essi i caratteri di
drammaticità compositiva. Ne sono una prova la
Deposizione di
Cristo, eseguita nel 1604 e ora conservata alla Pinacoteca Vaticana, e la
Morte della Vergine, assai apprezzata da Rubens, che l'acquistò
per conto del duca di Mantova, e ora conservata al Louvre. Altre opere di questo
intenso periodo sono: la
Madonna dei Palafrenieri, la
Cena in
Emmaus, la
Madonna dei Pellegrini e il
San Giovannino. In
seguito a una rissa, nella quale aveva ucciso un certo Ranuccio Tommasoni,
C. fu costretto a fuggire da Roma e a rifugiarsi a Napoli, probabilmente
attorno al 1606. Durante il soggiorno napoletano dipinse la
Madonna del
Rosario, le
Sette opere di misericordia, la
Flagellazione di
Cristo. Successivamente, coinvolto nuovamente in una lite, venne
incarcerato. Riuscì, poi, a fuggire e si rifugiò a Siracusa, dove
rimase fino all'estate del 1609. Tornò, quindi, a Napoli nella speranza
di poter ottenere una revoca del bando che lo teneva lontano da Roma. In questo
senso si mossero, in suo favore, numerosi alti prelati, tra cui il cardinale
Gonzaga. Durante un viaggio di avvicinamento a Roma, fu assalito e rapinato nei
pressi di Port'Ercole, dove morì in preda a febbri malariche (Caravaggio,
Bergamo 1573 - Port'Ercole 1610).
Caravaggio: “Cesto di frutta”
Caravaggio: “Bacco”(Firenze, Uffizi)